Checchino dal 1887 rappresenta 122 anni di Romanità espressa per mezzo della cucina del quartiere o meglio del rione, il rione di Testaccio. Questo rione deve il suo sviluppo alla presenza del Mattatoio (1890-1975) o meglio dello "Stabilimento di Mattazione" come recita l'insegna che sovrasta la facciata dell'edificio inaugurato appunto nel 1890. Già dal 1870 i tris nonni degli attuali proprietari gestivano un' osteria per la sola rivendita di vino e somministravano agli avventori esclusivamente piatti non cucinati, come pecorino, olive, carne secca, le famose coppiette, pezzi di carne lasciati seccare con tanto pepe e peperoncino, così piccanti da richiedere fiumi di vino per essere adeguatamente smorzati. Oggi la definiremmo un’operazione di marketing allora era un “furbata” dell’oste. Man mano che passano gli anni l’osteria si afferma e Lorenzo e Clorinda, i fondatori, decidono di richiedere la licenza per cucinare. L’ ottengono nel 1887, iniziando a cucinare per le maestranze che stanno costruendo il mattatoio. Così, quando nel 1890 il Mattatoio viene inaugurato, iniziano ad approdare nella cucina del locale le carni ma soprattutto le interiora degli animali macellati nel prospiciente Macello. Nasce così la cucina del 5° quarto, un assurdo matematico (i quarti di un animale sono 4) per indicare quella parte in più che pesa come un quarto nobile e che è costituita dalla testa, coda, zampe, e interiora degli animali, ovini, suini o bovini che siano. Il quinto quarto era dato come aggiuntivo di paga ai lavoratori più umili del Mattatoio, i cosiddetti scortichini o vaccinari quei macellai che scorticavano, scuoiavano le bestie, le dividevano in mezzene (metà di una bestia) e le spostavano a spalla. Questi lavoranti presero l’ abitudine di portare questa retribuzione in natura, nelle osterie vicino al mattatoio, per farla cucinare. Nacquero e si svilupparono così, piatti come la coda alla Vaccinara e i Rigatoni con la pajata (intestino digiuno del vitello). Della coda alla vaccinara Marina, Elio e Francesco Mariani, propongo ancora la ricetta originaria, lievemente allegerita rispetto a quella codificata secondo l’estro della bisnonna Ferminia, figlia dei capostipiti. Con il passare degli anni il locale si è aggiornato integrando la proposta con piatti realizzati a base di tutte le meravigliose verdure Romanesche secondo stagione: carciofi, cicoria, puntarelle, broccoli. Ampliando la scelta delle minestre, affiancando alle classiche pasta e ceci e pasta e fagioli, la zuppa di farro e carciofi, e quella di orzo e cicoria. La proposta del menu include anche piatti della tradizione Romana, come i saltimbocca, il garofolato, il petto di vitella alla fornara, il coniglio, il pollo, o l’abbacchio alla cacciatora. Da sempre la famiglia è stata molto attenta all’abbinamento con i vini proponendo il meglio della produzione Laziale, Italiana e delle principali zone enologiche mondiali (negli anni ’50 la lista di Checchino vantava la presenza di almeno 5 tipologie di vini Francesi, fatto eccezionale per una trattoria di quei tempi). Ampio spazio è stato da sempre dedicato da Elio e Francesco, entrambi sommelier professionisti, ai distillati Italiani e stranieri. Già negli anni ’70, Elio proponeva un enciclopedico carrello delle grappe. Ma non è finita qui, oggi da Checchino troviamo anche il meraviglioso carrello dei formaggi con una proposta che spazia dai classici, come il Parmigiano Reggiano nella versione gran riserva di 4 anni, al Pecorino Romano D.O.P. ; dal Bagos del Bresciano al Siculo Piacentino di Enna con pepe nero e zafferano; dal caciofiore della campagna Romana fatto con il caglio vegetale proveniente dall’ essiccatura del cardo viola selvatico, al blu Cabrales Spagnolo e ancora tanti altri con, stagionalmente, delle vere rarità come il Bettelmat o lo stravecchio della Valformazza. Per finire la realizzazione dei dolci è curata da Marina che sfrutta a pieno la cantina di Checchino abbinando i vini passiti, serviti anche al calice, a dessert come il tortino di pere e noci profumato alla cannella, servito tiepido con la salsa al cioccolato o come la torta di ricotta con mandorle e scaglie di cioccolato o un dei vari semifreddi all’arance o alla nocciola ed altri. Parlando di Checchino non si può dimenticare che fa parte dei ristoranti del Buon Ricordo, associazione fra ristoratori, nata nel 1964 con l’intento di propagandare la cucina Regionale Italiana, veicolando il proprio messaggio attraverso il piatto del Buon Ricordo un piatto di ceramica artistica decorato a mano realizzato da un artigianato Salernitano. In ogni ristorante, facente parte di questa unione, i clienti che scelgono e degustano dal menu una specifica specialità del locale, ricevono in omaggio un piatto che ricorda nella grafica la pietanza degustata; da Checchino la specialità è “Involtini di carne alla Romana guarniti”. Da qualche anno Checchino dal 1887 è stato insignito, con tanto di determinazione dirigenziale, del titolo di Bottega Storica tutelata dal Comune di Roma. Non si deve dimenticare che grazie alla sua collocazione all’interno di un Monumento Storico Archeologico Italiano quale il Monte Testaccio, detto Monte dei Cocci, Checchino è potuto entrare a far parte dell’associazione Locali Storici d’Italia e d’Europa. Il Monte Testaccio è detto dei cocci perchè e appunto fatto con cocci, pezzi di anfore dell’epoca Imperiale e Repubblicana dell’antica Roma, accatastati qui dai mercanti dell’epoca. Utilizzando le anfore come mezzo di trasporto per molte mercanzie, principalmente derrate alimentari come olio, vino e frumento, una volta svuotate del contenuto non potendo buttarle alla rinfusa e non potendole riutilizzare per motivi legati al costo del dazio, i mercanti erano costretti a romperle e ad accatastarle in questo luogo in maniera ordinata, pezzo su pezzo, edificando così, dal 75 A.C. al 456 D.C., una collina di circa 50 metri di altezza per 1 km di perimetro di base, 15 milioni di metri cubi di anfore detta appunto “Monte dei Cocci”. Questa collina è molto importante perché diede il nome al quartiere. L’etimologia della parola viene dal Latino testa, testae che vuol dire vaso, anfora di terracotta, da questo il testaceum appunto, il monte fatto di testae, volgarizzato in dialetto Romanesco, in Testaccio. A testimonianza di questo resta anche il fatto che il quartiere ha come simbolo l’anfora. Checchino ha la fortuna di avere la cantina scavata dentro il Monte Testaccio, e ciò significa un ambiente eccezionale per lo stoccaggio dei vini e la possibilità di mostrare al cliente turista un ambiente unico al Mondo. Se andate da Checchino non dimenticate di chiedere ai Mariani di mostrarvi questo piccolo tesoro Romano, carico di atmosfera e cultura, sarà per loro un piacere accompagnarvi. In fine una novità, i Mariani sono così orgogliosi della loro Romanità che da quest’anno hanno aderito con entusiasmo ad un progetto organizzato dalla Confcommercio in collaborazione con la Provincia di Roma. Tale progetto si prefigge la valorizzazione dei prodotti enogastronomici tipici della provincia della Capitale. È denominato “Gusta e Acquista” in via sperimentale, all’interno di 5 ristoranti Capitolini, fra cui Checchino, e stato realizzato un “angolo-negozio”, nel quale gli avventori possono acquistare, in confezioni anche di piccole dimensioni, specialità quali l’olio extravergine d’oliva D.O.P. Sabina, il miele biologico del Parco di Veio, la Sambuca Romana, il liquore di fragoline dei Castelli Romani, alcuni patè ed altro. Vere leccornie, che una volta assaggiate da Checchino, avrete la possibilità di portare con voi, per rinnovare, a casa vostra, con amici e parenti, alcune delle sensazioni gustative provate in questo “Tempio” della Gastronomia Capitolina.